Piante selvatiche dell’Isola d’Elba #4 - I Love Elba!
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Oltre alle numerose erbe aromatiche, all’Isola d’Elba crescono anche moltissime piante spontanee commestibili che per secoli sono state utilizzate nell’alimentazione. A seconda della stagione è possibile trovare e raccogliere funghi, more, castagne, mirto, corbezzoli e altre specie da poter utilizzare in cucina, riscoprendo il piacere di gustare cibi antichi e a km zero.

Ecco che allora una passeggiata in campagna farà bene non solo allo spirito e al corpo ma anche al palato.

Le piante spontanee più diffuse ed utilizzate nella cucina elbana e le loro caratteristiche.

Corbezzolo o erbito (Arbutus unedo)

Il corbezzolo è una bellissima pianta sempreverde dai frutti giallo-rossi e dai fiori bianchi a forma di piccole campanelline.

I corbezzoli vengono mangiati crudi oppure in macedonie condite con zucchero e/o moscato. Il nome latino consiglia un uso moderato del consumo (unum edo = ne mangio uno solo), in quanto il frutto contiene un alcaloide che, in alcune persone particolarmente sensibili, può dare sintomi di ubriachezza.

Ottime le marmellate, ma la vera prelibatezza è il miele che se ne ricava.

Ha proprietà diuretiche, antinfiammatorie, depurative e antisettiche. La legna di corbezzolo è ritenuta ottima per la cottura dei cibi.

Fico d’india (Opuntia ficus-indica)

Ormai diffusissima in tutta l’Elba, questa pianta è, nella tarda primavera, con i suoi fiori rosso-arancio, una delle più belle macchie di colore del paesaggio. I frutti giungono a maturazione nell’agosto-settembre e la loro polpa giallastra è dolcissima.

I fichi possono essere mangiati crudi oppure utilizzati per la preparazione di ottime marmellate e anche di un liquore.

Nella medicina popolare le foglie ridotte in poltiglia venivano utilizzate come cicatrizzante e i frutti venivano mangiati in caso di diarrea.

Giuggiolo o zizzolo (Zizphus jujuba)

Il giuggiolo è una pianta spontanea che si trova nelle zone più aride dell’Elba. Fu importata in Italia dai romani verso la fine del regno di Augusto e poi si è inselvatichita.

In autunno regala bellissime e gradevoli drupe rosso brune che gli elbani chiamano anche zizzole e che vengono mangiate crude.

I frutti vengono utilizzati anche nella preparazione del cosiddetto “brodo di giuggiole”, una bevanda realizzata con giuggiole ben mature, succo d’uva bianca, mele cotogne e la scorza di un limone.

Gli anziani considerano questa pianta un portafortuna.

Lentisco (Pistacia lentiscus)

La scorza sottile dal gradevole aroma di questa pianta viene utilizzata per insaporire marinate per pesci, carni e selvaggina. In passato dai suoi frutti si ricavava un olio usato per cucinare. Le bacche venivano usate come chewing gum.

La medicina popolare utilizzava il decotto di foglie per abbassare la pressione.

Mirto o mortella (Myrtus communis)

Le bacche di questa pianta sempreverde vengono usate nelle marinate destinate a insaporire la selvaggina.

Ben noto è sopratutto il liquore di mirto, o mortella, preparato mettendo a macerare i frutti in alcol etilico, acqua e zucchero.

Il decotto di foglie era usato come colluttorio in caso di mal di denti e come antisettico del cavo orale.

More o Rovo (Rubus fruticosus)

Nelle siepi, nei cespugli, nella macchia questa pianta cresce in tutta l’Elba; era chiamata anche moraio o vama. Quando sono mature le more assumono il tipico colore viola/nero.

Nel passato rappresentava una risorsa alimentare importante e si lasciava crescere ai bordi dei terreni.

Ancora pochi decenni fa, durante la stagione delle more (agosto-settembre), i ragazzi erano incaricati da raccoglierne il più possibile perchè la mamma potesse fare la marmellata per tutto l’anno. Qualche contadino, trattandole come il mosto dell’uva, ne faceva una specie di vino.

Ancora oggi vengono consumate crude, o utilizzate per la preparazione di gradevolissime marmellate, deliziosi giulebbi (bevanda di succo di frutta bollita con zucchero) e liquori.

La medicina popolare elbana usava la marmellata di more per la sue proprietà astringenti. Il decotto di foglie come diuretico. I rami erano invece adoperati per realizzare graticci o seccaiole sulle quali essiccare la frutta.

Sambuco (Sambucus nigra)

Non molto diffusa all’Elba, la pianta di sambuco veniva coltivata ai bordi degli orti, come una comune pianta da frutto.

Le grandi infiorescenze vengono usate per realizzare frittate, mentre i frutti per preparare liquori e marmellate. Più recente invece è la pratica di friggere in pastella i fiori.

Il decotto di fiori e foglie veniva utilizzato come antinfiammatorio e sotto forma di collutorio nel trattamento del mal di denti.

Sorbo (Sorbus domestica)

Il sorbo è un albero spontaneo che cresce in tutta l’isola e specialmente nei boschi del marcianese.

Fiorisce in maggio ed in ottobre compaiono i frutti fatte come piccole pere. Le sorbe si raccolgono nel mese di novembre quando si colorano di un colore bruno porpora oppure si raccolgono un po’ acerbe e si fanno maturare su dei tavolelli di legno con paglia di grano.

Rappresentano una preziosa riserva di vitamine e sali minerali e un tempo si riteneva fossero curative del diabete.

Ottimo è il liquore di sorbo detto sorbolo.

infoelba consiglia: La piccola guida “Le piante della cucina e della tradizione” del Parco Nazionale Arcipelago Toscano raccoglie una selezione delle erbe aromatiche locali più usate e di gustose ricette della tradizione.

Foto e testi tratti da Alvaro Claudi, Elba Taste e Parco Nazionale Arcipelago Toscano

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