Menù di Pasqua: tutti i dolci elbani da portare in tavola - I Love Elba!
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Anticamente all’Isola d’Elba la festa pasquale si festeggiava prevalentemente con il pane benedetto.

I pani pasquali erano preparati con la farina bianca e, per dare un tocco diverso al “pane quotidiano”, aromatizzati con anice, finocchio, talvolta uvetta, pinoli e fichi secchi. Per renderlo più “goloso” qualcuno aggiungeva anche il miele o il vin cotto.

Questi pani venivano consumati a partire dalla colazione del giorno di Pasqua, accompagnati da uova sode benedette, formaggi e salumi.

Ogni versante dell’isola custodiva le proprie ricette, che non variavano solo nei sapori, ma anche nelle forme e nelle fogge dei pani, riflettendo le influenze culturali e storiche di ciascuna comunità.

In seguito, grazie a un miglioramento graduale del tenore di vita, gli ingredienti originali furono sostituiti con lo zucchero e altri ingredienti, trasformando così questi pani in prodotti da pasticceria.

Da un’estremità all’altra dell’isola, si possono trovare quindi dolci diversi, ognuno con il proprio sapore unico e la propria storia da raccontare, il cui profumo si diffonde per le strade strette e pittoresche, unendo le comunità in un’unica festa di sapori e tradizioni.

In questa guida vi porteremo alla scoperta dei dolci tipici della Pasqua elbana. Iniziamo!

Pane Ferettato

Particolarissimo è il Pane Ferettato, conosciuto anche come Pane con gli uccelli: un tipo di pane azzimo di probabile origine araba, che viene preparato solo ed esclusivamente nel paese di San Piero.
La caratteristica di questo Pane di Pasqua è che viene modellato e decorato per formare una splendida composizione di nidi e uccellini, simboli della religione cattolica. Gli uccelli, di contorno all’uovo sodo, stavano a significare l’inizio della stagione della fertilità: “omne vivum ex ovo”.
L'arte della preparazione del pane e in particolar modo le modalità con cui devono essere eseguite le decorazioni, sono state tramandate di generazione in generazione; secondo le testimonianze orali, già 100 anni fa le massaie erano solite prepararlo in ambito domestico. Attualmente, solo poche signore riescono ancora a creare questa opera bellissima con le loro mani.

Sportella e ceremito

La sportella e del cerimito nascono da una tradizione molto antica del paese di Rio nell'Elba.
Dalle inconsuete forme lunghe e tondeggianti, sono un chiaro riferimento agli attributi sessuali, rappresentando l’una il sesso femminile e l’altro quello maschile: non è un caso che si preparassero per Pasqua, volendo in questa maniera celebrare il momento delle rinascita del Signore quanto della fertilità terrestre con la sua fioritura primaverile.
Questi pani venivano utilizzati anche come dichiarazione d’amore: il ragazzo, la mattina della Domenica delle Palme, faceva trovare alla sua amata un paniere adornato di fiori con il ceremito (o cerimito). Se la ragazza gradiva il regalo e quindi la dichiarazione d’amore, per Pasqua regalava al giovane una sportella infiocchettata e benedetta… Al contrario, una scarica di legnate!
Questa usanza è stata dimenticata e oggi sopravvive solo la tradizione di preparare la sportella, in una versione un po’ più moderna rispetto alla ricetta antica che era più povera e certamente senza zucchero.

foto Elba Magna

Caccilebbora

Anche la caccilebbora è un pane di origine antichissima, il cui nome deriva probabilmente da caccialepre.
Di forma rotonda, rappresentava il sesso femminile. Veniva offerto alla dea Cerere protettrice dell’agricoltura affinché favorisse una stagione abbondante. Non a caso, quasi al centro della sua forma conteneva un uovo intero, rappresentazione della fertilità.
Nel 2018, Gabriele Messina, fondatore di Elba Magna, ha riportato in vita questo antico prodotto, attingendo alle ricette tramandate dalle testimonianze degli anziani dei paesi isolani, in particolare della zona orientale. Grazie ai loro suggerimenti riguardo agli ingredienti e ai metodi di cottura e alle preziose indicazioni del noto chef Alvaro Claudi, Messina è riuscito a ricreare fedelmente il pane Caccilebbora, che fa parte dei “pani anisati”, come i noti Cerimito e Sportella.
La ricetta è disponibile nel libro “Zuppe e Stornelli”, scritto da Alvaro Claudi e Sergio Rossi, direttore di Elbareport.

foto Gabila Gerardi

Schiaccia di Pasqua

La Schiaccia di Pasqua che si prepara oggi all’Elba, non è molto dissimile dalla “Schiacciata” livornese o di quella che si trova nell’entroterra toscano.
Secondo la ricetta tradizionale elbana, si doveva lasciare lievitare 100 ore! Si cominciava a prepararla il martedì della Settimana Santa con un pugno di farina, acqua e lievito, per ciascun commensale presente il giorno del banchetto pasquale. La sera dopo si aggiungeva ancora un pugno di farina per ogni persona, si rimpastava e così di seguito fino al Venerdì Santo. Quella sera di ritorno dalla Processione del Cristo Morto, si preparavano i pani e si lasciavano lievitare fino alla mattina successiva. Una volta lievitati si cuocevano nel forno a legna.
Si mangiava il giorno della Pasqua al posto del pane quotidiano per accompagnare uova, formaggi e salumi.
Noi vi diamo una ricetta molto più semplice, il cui risultato è altrettanto soddisfacente.

Corollo

La nascita del corollo sembra risalga ai tempi in cui veniva celebrata la Festa del Maggio Campese.
Secondo la tradizione, la notte del 30 aprile, i ragazzi che cercavano moglie dedicavano il "Canto del Maggio" alle ragazze nubili del paese. Il giorno seguente, le fanciulle ricambiavano il gesto donando ai giovani cantori questo tipico dolce a forma di ciambella con il buco, che veniva mangiato insieme nella piazza del paese animata da musica e balli popolari.
Con il passare del tempo, il corollo è diventato un simbolo di cordialità e festa, scambiato tra familiari e parenti in occasione delle feste. Questo dolce della tradizione non manca mai sulle tavole elbane durante le festività natalizie o pasquali.
Come per altre ricette elbane, anche del corollo, esiste più di una variante: una versione più povera è originaria del paese di Marciana Marina.

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